Seven Cities of Gold, sviluppato da Ozark Softscape e uscito nel 1984, è uno dei giochi più innovativi di sempre. Il progetto fu ideato da Dan Bunten (in seguito Danielle Berry), figura chiave del game design degli anni Ottanta, già nota per titoli come M.U.L.E.. In questo caso, Dani volle creare una simulazione il più possibile fedele dell'esplorazione del Nuovo Mondo, mettendo il giocatore nei panni di un esploratore spagnolo del XVI secolo.
Il gameplay è strutturato in due fasi principali: la preparazione del viaggio dalla Spagna e l’esplorazione delle Americhe. Il giocatore deve acquistare uomini e rifornimenti prima di salpare, per poi esplorare territori ignoti, fondare avamposti, commerciare o affrontare conflitti con le popolazioni indigene. È possibile scegliere se interagire pacificamente o con la forza, e ogni scelta ha conseguenze a lungo termine. L’aspetto più rivoluzionario del gioco era il mondo generato casualmente: anche se includeva una mappa storicamente accurata delle Americhe, si poteva creare un continente completamente nuovo, offrendo un'esperienza sempre diversa.
La libertà concessa al giocatore e la mancanza di obiettivi rigidi erano concetti molto avanzati per il tempo. Questo stile di design, orientato alla simulazione sistemica e non alla narrazione lineare, influenzò profondamente Sid Meier, che citò Seven Cities of Gold come una delle principali fonti d’ispirazione per Sid Meier's Pirates! e, più tardi, per Sid Meier's Civilization. Il concetto di esplorazione, diplomazia e interazione emergente con l’ambiente veniva da qui.
Il gioco fu rilasciato inizialmente per i computer Atari 8-bit, ma fu presto convertito anche per Commodore 64 e Apple II. In tutte le versioni, la fluidità dell’azione, l’ampiezza della mappa e la cura nel rappresentare l’interazione culturale furono lodate. L’assenza di punteggi e la possibilità di fallire senza un vero “game over” resero Seven Cities of Gold un’esperienza unica e molto diversa dai giochi arcade dell’epoca.
Ancora oggi, Seven Cities of Gold è ricordato come un titolo pionieristico, capace di mostrare il potenziale del videogioco come mezzo per raccontare la storia e stimolare il pensiero strategico. La visione di Danielle Bunten Berry anticipava concetti che sarebbero diventati centrali nel game design anni dopo, facendo di questo titolo una pietra miliare nel genere della simulazione e della strategia.