Nei giochi al computer, la prospettiva in prima persona è uno strumento narrativo e immersivo estremamente potente, che permette al giocatore di vivere l’esperienza direttamente attraverso gli occhi del protagonista. A differenza della visuale in terza persona, dove il personaggio è visibile sullo schermo, qui non c'è alcun filtro: il mondo si mostra al giocatore come se fosse davvero lì, aumentando il coinvolgimento, la tensione e la sensazione di realismo.
Uno dei primi esempi di questo approccio è Akalabeth: World of Doom, pubblicato nel 1980. Creato da Richard Garriott, questo prototipo di gioco di ruolo includeva sezioni di esplorazione in dungeon con visuale in prima persona. Con l’avanzare della tecnologia, questa prospettiva divenne sinonimo di un genere destinato a dominare: gli sparatutto in prima persona (FPS). A partire da Wolfenstein 3D e consacrato da Doom, il genere esplose con titoli come Quake, Heretic, Blood, e successivamente anche con Halo: Combat Evolved.
Ma la visuale in prima persona non si è limitata agli sparatutto. Anche le avventure grafiche l’hanno adottata con grande efficacia: Myst, ad esempio, catturò l’attenzione con ambientazioni pre-renderizzate e un'esperienza esplorativa unica. Titoli horror come Personal Nightmare usarono questa prospettiva per aumentare l’angoscia e il senso di claustrofobia. Nel mondo dei giochi di ruolo, la prima persona è stata sfruttata per favorire l’immedesimazione del giocatore nei mondi fantasy, come accade in Realms of Arkania: Blade of Destiny, Fate: Gates of Dawn e Ishar 3: The Seven Gates of Infinity, che combinano profondità strategica con esplorazione soggettiva.
Che si tratti di vestire i panni di un marine spaziale, di un avventuriero solitario o di un eroe leggendario, la prospettiva in prima persona rimane uno degli elementi più iconici e duraturi del game design, in continua evoluzione grazie al progresso della tecnologia e delle tecniche narrative.